“Miracolo” a Catania

Lo sport di oggi è sempre più avaro di favole, ci sono campioni famosi ed imprese eclatanti è vero, ma non sembra raccontare quotidianamente quelle storie che un bambino ascolterebbe con gli occhi sognanti e la bocca spalancata, storie così si trovano solamente rovistando nel baule della memoria sportiva.

 

Quella che stiamo per raccontarvi è una favola vera… ci sono due ragazze, che si ritrovano con la promessa di riportare in auge una società sportiva, oltre a garantire ai bambini etnei il sogno di dedicare la propria vita a giocare a pallanuoto, questo strano sport in Italia, in una provincia del sud piena zeppa di problemi.

 

Miracolo a Catania è la storia di un’intera città andata in gol, una storia di amicizie, sogni, cadute, rinascite e speranze. E’ un romanzo popolare scritto da piccole e grandi eroine del nostro tempo.

 

L’ARABA FENICE

 

La prima regola per chi volesse realizzare un miracolo è essere nettamente sfavoriti dalla sorte ed avere un sogno al quale nessuno crede più… tranne te!

 

Il miracolo a Catania inizia 3 anni fa, come dicevamo, con una promessa…….

 

Siamo a Settembre del 2016 e basta guardare le facce dei protagonisti per capire che gli ultimi anni sono stati i peggiori della propria gloriosa storia, anni in cui in tanti davano la squadra per spacciata, perennemente sull’orlo della retrocessione.

 

Questa squadra del 2016 è composta quasi esclusivamente da giocatrici del vivaio Catanese, Valeria Palmieri, Claudia Marletta, Isabella Riccioli e Roberta Santapaola, in 4 non arrivano a 60 anni. Questa truppa di Catanesi, estremamente giovani con delle responsabilità, sono come dei personaggi che si ritrovano ad una festa senza essere stati invitati (Oggi eccellenti campionesse), raggiungere l’evento di “gala” delle final six per vincerle sembra davvero impossibile.

 

L’ANGELO CUSTODE

 

La seconda regola per realizzare un miracolo è avere un luogo magico dove allenare il proprio talento.

 

Catania lo ha appena trovato e si chiama EKIPE. Qui, ogni giorno, le ragazze lasciano un pezzo di cuore perché questo è molto più di un centro sportivo, è una vera e propria cattedrale nel deserto, una sorta di luogo mistico dove potersi “rifugiare”!

 

L’artefice è Giorgio Bartolini, un grandissimo imprenditore, che prende per mano le nostre due sognatrici e le conduce in questo cammino pieno di insidie. Del resto si sa, da soli si va veloci ma è insieme che si va lontano!

 

Bartolini crea qualcosa che inizia ad attirare un sostanzioso numero di bambini che giocano ed iniziano ad appassionarsi alla pallanuoto, a credere che possa diventare una strada di divertimento e realizzazione. Una vera favola in un periodo storico dove ormai, un sogno, è anche difficile averlo.

 

DAMMI LA MANO

 

La terza regola per realizzare un miracolo è avere qualcuno che ti mostri come si fanno i miracoli, che ti consegni le istruzioni e ti sveli i trucchi.

 

A questo punto della storia le due nostre sognatrici prendono forma e ve le presentiamo… Si chiamano Tania Di Mario (Vi confesso che la prima volta, al telefono, chiamai questa dea olimpica Elena, 2 secondi di silenzio che sapevano tanto di “Davvero non sa chi io sia?”… mea culpa!!!) e Martina Miceli, romane doc ma da diversi anni ai piedi dell’Etna, sono ormai Catanesi al 100%!

 

Nella nostra storia, Tania e Martina, sono rispettivamente il presidente e l’allenatrice ma sono dei veri monumenti della storia della pallanuoto Italiana e dello sport in generale (medaglia Olimpica nel 2016 per la prima, medaglia Olimpica nel 2004 per la seconda).

 

Presentati i primi due protagonisti, torniamo dove eravamo rimasti, a Settembre del 2016. A mettere in pratica i consigli dei maestri, arriva a Catania un’altra Siciliana d’adozione… entra in scena la terza artefice di questo miracolo, si chiama Arianna Garibotti, “un’ex formichina tra le medaglie Olimpiche” ma che adesso è diventata grande ed è pronta per essere la vera leader di questo gruppo.

 

MISSIONE CONDIVISA

 

La quarta regola per realizzare un miracolo è la più semplice di tutte… quando ti trovi in difficoltà, fa come se fossi in un gioco di strategia, aspetta che arrivino gli alleati a risolvere la situazione.

 

La clessidra della nostra storia continua inesorabilmente a gettare granelli di sabbia sul fondo, il tempo stringe, e Tania Di Mario capisce che convincere alcune delle migliori giocatrici del mondo è l’unico modo per imboccare la 4 strada che porta al miracolo.

 

Tra il 2017 e il 2018 arriveranno Roberta Bianconi (Miglior tiratrice al mondo), Rosaria Aiello (Catanese doc), Giulia Gorlero (Miglior portiere al mondo), una giovanissima Carolina Ioannou, Sabrina Van Der Sloot (Miglior giocatrice d’Europa), Ilse Koolhaas (20enne dalle caratteristiche fisiche devastanti, in grado di bloccare qualsiasi avversaria finisse sulla sua strada) ed Aurora Condorelli (Giovanissima portiere proveniente dal vivaio)

 

ESSERE COMPLEMENTARI

 

Trovarsi molte campionesse in squadra, però, non sempre garantisce successi e soprattutto non è di semplice gestione, infatti la quinta regola per realizzare un miracolo è “prendersi le proprie responsabilità mettendosi al servizio della squadra”.

 

Un concetto che non sembra essere ben chiaro, inizialmente, all’interno di un gruppo di stelle e i rapporti personali ne risentono. A complicare la situazione sono le sconfitte rimediate contro le dirette concorrenti per lo scudetto. Davvero in pochi sarebbero pronti a scommettere che, nel 2019, la promessa possa materializzarsi.

 

Il colpo a sorpresa arriva quando tutto sembrava imboccare la via del non ritorno. Martina Miceli, come le più grandi strateghe, fa una scelta che rimescola le carte e i ruoli. Pian piano le campionesse mostrano cosa sono venute a fare a Catania trasformando una squadra, confusa e smarrita, in un gruppo di amiche che gioca, vince e si diverte.

 

IL POSTO GIUSTO AL MOMENTO GIUSTO

 

La sesta regola per realizzare un miracolo dice di farsi trovare pronti per il momento magico.

 

I miracoli richiedono tempi e luoghi precisi e magari un evento inatteso che ti da quel pizzico di fiducia che fa la differenza. L’evento inatteso è la vittoria della coppa europea Len portata ai piedi dell’Etna appena un mese fa. Un tempismo perfetto per essere pronti al momento magico, sarà infatti proprio Catania, in primavera, ad ospitare le final six.

 

Si tratta di un evento per il quale, le 6 migliori squadre del campionato, lavorano duro da un anno intero. Si sfidano in scontri diretti per decretare i campioni d’Italia. Nel 2018 Catania partecipa da favorita ma perde il titolo ai rigori.

 

Quando risorgi dalle tue stesse ceneri, può starci di non vincere alla prima occasione, ma c’è sempre una promessa da mantenere e, a questo punto, i mesi restanti sono appena 12.

 

LEADER SI NASCE, E SI DIVENTA

 

La nostra storia sta per volgere al termine… E’ un pomeriggio del 10 Maggio 2019, 1500 persone si apprestano a scalare una montagna, un’ascesa impervia, la conquista del 20esimo scudetto, un risultato che nessuno ha mai raggiunto. L’orizzonte vince all’esordio, vendicando la sconfitta del 2018 contro Padova, ma ad attenderla in finale ci sarà la SIS Roma, debuttante tra le grandi, ma con diverse giocatrici di livello internazionale.

 

E’ domenica, sono le 15,30, e l’inizio della finale non è dei migliori. Diremmo che, quando il gioco si fa duro, è il momento delle senatrici… Van Der Sloot e Garibotti prendono per mano la squadra ribaltando il punteggio, Gorlero, Aiello, Palmieri e Koolhaas lo difendono ma, mentre tutte iniziano a sedersi sulle proprie sicurezze, arriva puntuale il rientro delle avversarie facendo riaffiorare i ricordi della finale 2018.

 

I gol delle capitoline sono pugni a freddo che tramortiscono l’ambiente. Serve qualcosa, ed è qui che entra in scena la settima ed ultima regola per realizzare il miracolo… “Quando i più grandi ti hanno trasmesso i loro segreti, è giunta l’ora di metterti in prima linea”.

 

La prima ad applicare la settima regola è Claudia Marletta che ormai ha la piena fiducia delle compagne quando bisogna finalizzare un’azione in superiorità numerica. Claudia spiega a tutti che è arrivato il momento di vestire la calottina della Nazionale mettendo a bersaglio un tiro potente e preciso (è 4 a 3).

 

Roberta Bianconi segna un gol da fantascienza ma nello sport non c’è mai nulla di scontato, i due gol di vantaggio non lasciano per nulla tranquilli giocatrici e tifosi. Serve un gol per tagliare le gambe alle avversarie, la difesa è asfissiante… attenta… precisa… occorre trovare il momento giusto.

 

Il momento giusto arriva a 2 minuti dal termine quando, dal nulla, entra in scena la seconda giocatrice a mettere in pratica la settima regola, è Carolina Ioannou. Nuota a 6 metri dalla porta, da sola, e come la più navigata delle veterane si innalza maestosamente dall’acqua scagliando un tiro di pura responsabilità. 1500 persone, con gli occhi della speranza, seguono quel pallone per 1 interminabile secondo accompagnandolo fin sotto all’incrocio dei pali.

 

La giovanissima partenopea alla quale, altrove, avevano tentato di soffocare la carriera e che piangeva, adesso segna e piange di gioia per aver spiccato definitivamente il volo verso un futuro luminoso da grande campionessa…

 

Alle 16,45 del 12 Maggio 2019 l’Orizzonte è campione d’Italia esattamente 3 anni dopo quella promessa a 4 occhi. Con tutte queste campionesse non è certo un miracolo, direte in molti, ma per la prima volta nella sua storia questo scudetto sembra ripagare l’idea di riforma della società e della città intera attraverso il talento e lo sport. E’ questo, il vero miracolo…

 

“Ve pare poco?!?!” direbbero le due nostre (ex) sognatrici!

 

ANDREA ROMEO

Biologico vs Industriale: Come il tempo ha cambiato i profili nutrizionali!

Tempo di lettura: 3 minuti 

 

Affermare che nei nostri geni siano ancora insiti i lasciti degli avi cacciatori e raccoglitori è un concetto fuori discussione.

 

Le convinzioni che ne sono derivate consacrano la supremazia delle usanze agricole tradizionali sui recenti processi di industrializzazione alimentare.

 

Cosa ha comportato questo passaggio? 

 

Apparentemente l’utente finale di un qualsiasi prodotto alimentare non percepisce la differenza tra un pollo allevato “in uno stato di libertà”, come i suoi antenati selvatici, e il suo corrispettivo “moderno” alimentato a granaglie.

 

Nello specifico, la carne, il latte e le uova, ovvero i prodotti di un animale allevato al pascolo risulteranno meno grassi dei prodotti di un animale allevato in maniera intensiva.

 

Il Beta-carotene, la Vitamina E e l’Acido folico, presenti nell’erba verde passano automaticamente nell’animale che se ne ciba e quindi nei prodotti da esso derivati.

 

Di conseguenza si ottiene un alimento meno ricco di grassi saturi.

 

Inoltre è stata riscontrata anche la presenza dell’Acido linoleico coniugato (CLA), un acido grasso molto importante poiché diversi studi hanno attestato la sua azione benefica nei processi di dimagrimento e in quelli preventivi del cancro.

 

Nelle cellule delle piante verdi, che come abbiamo detto prima vengono assimilate dagli animali da pascolo, e che ritroviamo nella carne, nel latte e nelle uova, sono stati trovati anche alti livelli di omega-3, acidi grassi essenziali che risultano fondamentali per lo sviluppo neuronale.

 

Insieme agli omega-3, è utile fare un breve focus anche sugli omega-6, ugualmente utili per il nostro organismo. I primi derivano dalle foglie, i secondi dai semi.

 

L’industrializzazione, mutando la nostra alimentazione, ha mutato anche il rapporto tra questi due acidi che da 1:1 è passato a 1:10.

 

Le conseguenze negative per l’organismo umano, trattandosi nello specifico di un coagulante e di un anticoagulante, riguardano l’apparato cardiovascolare e tutti i relativi rischi.

 

La rivoluzione alimentare quindi ha interessato ogni specie animale. 

 

Anche ai salmoni, oramai quasi tutti da allevamento, viene riscontrata un’alimentazione simile a quella dei bovini, cioè a base di cereali.

 

Se idealmente una carne bianca ha più principi nutritivi di una rossa, questo si deve alla sua dieta e a come è stato allevato.

 

Può quindi succedere il contrario, cioè che un bovino ha più nutrienti di un salmone.

 

Analogamente questo discorso può interessare il senso del gusto.

 

Cosa accade quando assaporiamo un cibo? 

 

Le nostre papille gustative si sono talmente abituate via via ai sapori da non provocare a livello intellettivo quel rimando che dovrebbe far scaturire la curiosità di andare oltre.

 

Sarà sempre più difficile ritrovare il vero sapore di un alimento se questo è costantemente sottoposto a variazioni di natura industriale.

 

E sarà sempre più complicato distinguere il “piacere di mangiare”, cioè la soddisfazione di un bisogno, dal “piacere della tavola”, ovvero il prodotto più alto della nostra civiltà.

 

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L’onnipresenza del mais negli alimenti

Tempo di lettura: 2 minuti

 

Il mais è, tra pochissimi, l’elemento maggiormente utilizzato nell’industria alimentare: dalle coltivazioni bio, che di bio non hanno granchè, alla preparazione home-made di alcuni piatti, fino al largo impiego nelle famosissime catene mondiali di fast-food.

 

Nello specifico, la dicitura italianizzata di fast-food rimanda al “cibo veloce”, quello che consumi in ogni dove, in un tempo minimo di circa dieci minuti e che non ti lascia in bocca neanche il sapore di quello che hai ordinato, ma che riesce nonostante tutto ad appagare un tuo bisogno.

 

Cosa si nasconde dietro un semplice pranzo nel più comune fast-food?

 

La risposta è nelle immense distese americane di mais, ormai diffuse anche nel territorio siciliano, nelle quali si produce e trasforma la materia prima in ingenti quantità di derivati, rintracciabili nel cibo così come nel carburante delle macchine.

 

Mi spiego meglio.

 

Prendiamo in considerazione i nuggets, comuni bocconcini di pollo fritti liberi dalla costrizione delle posate, e leggiamo la loro composizione.

 

Dei 38 elementi che li costituiscono, 13 derivano direttamente e indirettamente dal granturco (il pollo che viene nutrito col mais; l’amido che funge da legante per la carne; la farina che costituisce la crosta, i conservanti), gli altri invece sono agenti artificiali che in gran parte provengono dalle industrie chimiche (agenti lievitanti e antischiumogeni) e che permettono al cibo stesso di non deteriorarsi nel tempo.

 

Anche le nostre automobili si nutrono di mais, ma sotto forma di etanolo che verrà aggiunto successivamente alla miscela da carburante. Ciò sta a significare che lo smaltimento di questo elemento da parte delle raffinerie rientra negli svariati utilizzi che lo caratterizzano.

 

Inoltre è stata riscontrata la presenza di una particolare sostanza tossica chiamata TBHQ (butilidrochinone terziario), un antiossidante derivato dal petrolio che viene spruzzato sul cibo o sul supporto che lo contiene per salvaguardarne la freschezza a lungo termine.

 

Ciò che sconosciamo è che questa sostanza in quantità maggiori può provocare shock all’organismo umano e in casi estremi anche la morte.

 

Cosa vuol dire questo?

 

L’industria alimentare è riuscita ad oscurare tutti i processi che si trovano dietro la storia e l’assemblaggio dei prodotti, cioè come lavorarli per farli sembrare semplici esiti della cultura e non dalla natura.

 

Quello che l’utente finale si troverà ad assaporare è dunque un alimento che ha un rapporto solo nominale con il concetto più ampio e tradizionale di cibo, che è pura astrazione, cioè l’ideale platonico di una crocchetta di pollo che è in realtà lontana dalla sua vera concretizzazione.

 

Trasformare il mais dunque in oltre 45 diverse voci di un normale menù da fast-food è sicuramente un successo per l’industria alimentare ma non per l’utente medio, che al vero piacere del cibo sostituisce una pura metafora di gusto e nutrienti.

 

Ciò che non sai non può farti male ma ciò che sai può farti stare meglio.

 

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